Giovanni Venturini (nome di battaglia Tambìa) nacque a Corteno Golgi (Brescia), il 20 marzo 1916, combatté in Francia, sul fronte greco-albanese e in Russia, dove subì il congelamento ai piedi e una ferita alla coscia destra, riportando un’infermità permanente. Al momento dell’Armistizio era ricoverato all’ospedale di Imola; pur infermo nel novembre del 1943, si trasferì in Valcamonica ed entrò a far parte della Brigata Fiamme Verdi “Schivardi”, occupandosi principalmente di vettovagliamento e logistica per i gruppi dell’alta valle. Il 26 febbraio 1945 fu arrestato dai militi della legione “Tagliamento” che gli avevano trovato in casa un ciclostile, numerosi appunti, manifestini, indirizzi e vario materiale compromettente.
Arrestato e sottoposto ad atroci inenarrabili torture, venne fucilato nei pressi del cimitero di Mù di Edolo l’11 aprile 1945, senza aver rivelato nulla dell’attività partigiana e delle sistemazioni difensive delle Fiamme Verdi operanti nella Resistenza sul Mortirolo, assumendo su di sé l’intera responsabilità dell’organizzazione clandestina locale, innanzi al plotone di esecuzione, orrendamente mutilato, rivolge ai suoi carnefici parole di perdono incitando i partigiani condannati insieme a lui parole di fede nella vittoria: «Sparate! Fate il vostro dovere. Io vi perdono e vi auguro la felicità su questa terra; io la godrò in cielo. Sparate! Viva l’Italia! Viva Cristo Re!».
È stato insignito della medaglia d’oro al valor militare alla memoria