Dovremmo essere ormai abituati, dopo tutti questi anni, dopo le centinaia di celebrazioni che sono state organizzate, dopo tutti i discorsi, a vivere quasi in modo distaccato giornate di ricordo come queste.
Eppure, ci sono sempre alcuni momenti, in appuntamenti come quello del 25 aprile, che inevitabilmente ci toccano un po’ più in profondità. E sentire, ogni volta come fosse la prima, la bella, splendida preghiera del Ribelle, e ascoltare la frase “di noi, Ribelli per amore”, in tutti noi lascia sempre un qualcosa in più, un momento di forte commozione ed empatia.
E credo che questo avvenga perché il 25 aprile, al di là dei doverosi momenti di ricordo, di memoria, ci parli sempre un po’ di noi. Di noi come paesi che quegli anni li hanno vissuti da vicino, di noi come Comunità di persone che vivono e condividono gioie e dolori, di noi come famiglie e come esseri umani. E ci metta , quindi, anche davanti alla nostra responsabilità. Ricordare persone che hanno rappresentato così tanto per la nascita e per la vita democratica del nostro Paese, ci ricorda che anche noi siamo sempre, sempre chiamati a dare il nostro contributo.
Oggi, forse, il concetto di responsabilità si è un po’ perso: in ogni ambito, da quello personale, a quello sociale e politico, sembra che ci sia una gara a fuggire dalle proprie responsabilità, a dire “è colpa del capo, sono i politici che rubano, io sarei anche una persona perfetta, ma sono LORO che distruggono tutto”.
Continuiamo a sentire questa parola LORO, sono loro, i politici, gli immigrati, LORO. Ed invece usiamo sempre l’IO quando si tratta di dover rivendicare i diritti: IO ho il diritto di fare, IO ho il diritto di avere, IO ho il diritto di decidere. Ecco, la responsabilità è anche questo: conoscere alla perfezione i nostri diritti, che sono fondamentali, ma senza dimenticare che senza doveri, senza senso di responsabilità non esiste la democrazia e soprattutto non esiste e mai esisterà alcuna forma di libertà.
Lo sappiamo: noi oggi ricordiamo. Ricordiamo un periodo drammatico eppure fondamentale, decisivo per la nostra storia. Ricordiamo magari dei nostri parenti che sono caduti, ricordiamo delle persone normali, come si dice sempre in questi casi ed è la verità, persone “straordinariamente normali”. E ricordiamo proprio dicendoci quanto fossero normali, quanto fossero simili a noi.
Ma ricordiamo anche quanto quella scelta sia stata coraggiosa, quanto hanno dovuto mettere in gioco di se stessi. Eppure, chi di noi ha letto ad esempio le lettere che i partigiani condannati a morte scrivevano dal carcere, avrà notato quanta naturalezza ci fosse in quelle parole, quanto quella fosse per loro la sola e unica scelta possibile, quanto la loro coscienza fosse serena. Ed allora noi oggi ricordiamo anche, come ogni anno, ringraziando. E’ un grazie doveroso, non retorico, un grazie che ci viene dal cuore. Un grazie per quegli uomini e per quelle donne che non solo ci permettono nel 2017 di vivere in libertà, in prosperità, e con lo sguardo rivolto verso il domani, ma che ci hanno anche lasciato un esempio.
Un esempio che non dobbiamo richiamare solo di fronte ai grandi temi come la guerra, la democrazia, la libertà, ma un esempio che noi abbiamo il dovere di seguire anche e soprattutto nella vita di tutti i giorni, quando ci troviamo di fronte a scelte che definiscono le persone che vogliamo essere, quando dobbiamo scegliere se essere delle persone che alla nostra società vogliono dare qualcosa di noi stessi.
Ed è anche un esempio che, però, non può e non deve essere mai usato per dividere le nostre comunità: la Resistenza non è proprietà di nessuno, perché quelle battaglie, quelle persone, sono patrimonio di tutti e sono parte di noi stessi. Perché finché qualcuno dirà “io sono più partigiano di te, il testimone della Resistenza è mio”, vuol dire che quell’impegno, quei sacrifici saranno serviti solo a metà.
E questo richiamo all’esempio ci deve servire, perché, forse, il solo “grazie” oggi non basta. Non basta perché vediamo, ma soprattutto perché sentiamo le difficoltà che si vivono nel mondo ed anche vicino a noi. Non basta perché non possiamo abdicare alle nostre responsabilità. Perché più ci guardiamo intorno e più sentiamo questo vento freddo che soffia, questo vento figlio della paura per il domani, e perché vediamo che tanti, troppi, sono pronti a sfruttare questa paura, troppi credono che erigere muri, rispondere con la forza, sia la risposta.
E la nostra responsabilità, oggi ancora più di ieri, è quella di tenere alti i valori della Resistenza e dei Ribelli per amore: la giustizia sociale, la democrazia e la pace.
Buon 25 aprile!