Parroco dalla vita avventurosa e travagliata, don Ernesto Belotti attraversò la Resistenza tra arresti e processi che ne misero a dura prova la tempra.
Nacque a Villa D’Allegno nel 1922 e, dopo essere stato vicedirettore del Seminario Maggiore fino al 1938, divenne curato di Artogne. Fu arrestato qualche anno dopo, appena iniziata la Resistenza: il 4 dicembre 1943 finì nel carcere di Brescia insieme alla sorella e ad altri sacerdoti per l’aiuto fornito a renitenti e partigiani. Vi restò fino al 14 aprile 1944, quando venne trasferito a Parma per il processo. L’imputazione di cui il Tribunale speciale lo accusava era quella di aver aiutato prigionieri di guerra fuggiti dai campi di concentramento.
Distrutto il carcere sotto i bombardamenti, si ritrovò prigioniero nell’Abbazia di San Giovanni Evangelista di Parma insieme a don Ilario Manfredini e don Andrea Boldini, gli altri parroci che erano stati arrestati a Brescia insieme a lui. Conobbe in questa circostanza don Luigi Daffini, il parroco di San Faustino che era fuggito all’arresto a Brescia e che qui si era rifugiato.
Rilasciati il 27 maggio, don Belotti, però, non poté più tornare ad Artogne e si ritrovò a nascondersi in vari comuni, oltre che nel manicomio di Brescia. Nel dicembre del 1944, poi, il travaglio finì e fu inviato dal vescovo in alcune località della valle fino al termine della guerra.
Trascorse il resto della sua vita come curato e poi parroco prima di Borno e poi di Pisogne .
Morì a Borno nel 2000.