Noto come l’avvocato della Resistenza, Pietro Bulloni fu il difensore di Lunardi e Margheriti durante il processo che ne decretò la morte. Già interventista durante la prima guerra mondiale, fu sempre politicamente molto attivo, in particolare nel mondo cattolico. Il suo tenace antifascismo, però, lo costrinse al ritiro dopo il 1926 e fino al 1943, quando iniziò la Resistenza partigiana.
Bulloni nacque a Brescia nel 1895. Il suo impegno cominciò nel gruppo studentesco A. Manzoni ai tempi del colleggio Arici e dell’Oratorio della Pace. Laureatosi in giurisprudenza nel 1920, si impegnò nel movimento sindacale bianco e nelle Unioni cattoliche del lavoro, interessandosi, in particolare, ai problemi dei salariati rurali con la direzione della Federazione dei lavoratori agricoli.
Nel 1924 iniziò la sua carriera amministrativa diventando prima consigliere comunale e poi provinciale. Ma il suo aperto e manifesto antifascismo lo costrinse al ritiro dopo le minacce e le aggressioni.
Era il 13 settembre del 1943 quando iniziò la sua avventura nella Resistenza partigiana di Brescia. Nella canonica di San Faustino si tenne, in quel giorno, la riunione che gettò le basi del movimento. Il suo impegno si diresse fin da subito a difendere i partigiani arrestati (da ciò il suo noto appellativo). Oltre a Lunardi e Margheriti, difese anche agenti, capo-guardia e direttore del carcere accusati di aver favorito l’evasione di 280 persone durante l’incursione aerea del 13 luglio 1944. Il Tribunale speciale li voleva condannare a morte, ma Bulloni riuscì a farne assolvere alcuni, mentre altri furono condannati a pene minime.
Con la fine della guerra, la sua attività proseguì, in un primo momento, con la nomina a Prefetto, poi come deputato della Costituente e, dal 1948, nel parlamento della neonata Repubblica. Successivamente fu di nuovo consigliere comunale a Brescia.
La morte lo colse nel 1950 con un infarto.