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Mortirolo 2015. Il racconto della giornata

Monumento dettQuale migliore cornice delle montagne che racchiudono la conca del Mortirolo, per ritrovarsi a ricordare il settantesimo anniversario della fine della guerra, la Liberazione del nostro Paese dalla barbarie nazifascista e per onorare i giovani “ribelli per amore” che in questo luogo hanno combattuto, sacrificato la propria vita per donarci la Libertà e la Democrazia?

Come è tradizione, la prima domenica di settembre di ogni anno le Fiamme Verdi si radunano presso la chiesetta di San Giacomo insieme agli anziani partigiani e ai familiari dei protagonisti della Resistenza che in questi anni ci hanno lasciato. Sindaci, autorità civili e militari, rappresentanze di tutte le Associazioni d’arma a riposo e tanta gente sono saliti al Mortirolo per ricordare la fine della seconda guerra mondiale, e con essa della lotta di liberazione. Tutti i partecipanti hanno testimoniato quanto sia ancora oggi necessario curare i valori per i quali i giovani partigiani hanno combattuto, la pace, la libertà, la fratellanza, la solidarietà.

Una splendida giornata di sole ha reso più suggestiva la celebrazione. L’aria fresca della montagna e la neve caduta nella notte e hanno fatto ancora più luminosa la giornata allietata anche dalla partecipazione di quattro Cori Camuni: le Voci della Rocca di Breno, il Coro Baitone di Sonico, gli Amici del canto di Borno e Rosa Camuna di Sellero, diretti dai Maestri Gatti e Fenaroli. L’esordio con “Bella Ciao” all’alza bandiera e poi a sottolineare con il canto i momenti più significativi della giornata chiusa con un Concerto nel pomeriggio, proprio davanti alla chiesa di San Giacomo.

Prima della S. Messa celebrata dal Cappellano delle Fiamme Verdi Mons Tino Clementi, ha preso la parola per un breve saluto Roberto Tagliani, in rappresentanza del coordinamento provinciale dell’associazione, portando la voce della presidente onoraria, Agape Nulli Quilleri, assente per motivi di salute, che ha comunque voluto che il suo saluto accompagnasse la cerimonia e giungesse ai partecipanti.

Tagliani, dopo aver ringraziato Ezio Gulberti e Roberto Ravelli Damioli (consiglieri FF.VV. di Valle Camonica) che, come ogni anno, hanno curato l’organizzazione tecnica della cerimonia, ha dato il benvenuto a tutti i partecipanti ed in particolare a mons. Tino Clementi, che non manca mai a questo appuntamento; ha poi sottolineato:

Qui, su queste montagne «nido di Fiamme Verdi», dove «arse la lotta e trionfò il perdono», come sta scritto sulla facciata dell’Albergo Alto, ogni anno da 70 anni saliamo a ricordare non solo le gloriose battaglie combattute dai nostri partigiani, ma soprattutto a celebrare la pietas verso tutti coloro che qui e in moltissimi altri luoghi sono morti perché noi avessimo la libertà. Qualcuno potrebbe chiedersi che senso abbia settant’anni dopo ostinarsi a tornare ogni anno tra questi monti… ma siamo qui, oggi come ieri, per testimoniare con la nostra presenza che i valori della Resistenza non sono morti insieme ai caduti, che quei valori ci riguardano, ci appartengono, sono nostri perché gli abbiamo ricevuti in dono e vogliamo prendercene cura. Perché sentiamo che quel dono prezioso fatto di umanità, impegno, condivisione, anche di paura, di sete di libertà e di giustizia, di bisogno di un domani migliore, quel dono merita il nostro impegno.

E conclude dicendo:

Camminiamo oggi come settanta anni fa su questi sentieri insieme ai nostri partigiani, nutriamo su queste montagne il nostro spirito per affrontare un altro anno di impegni e poi un altro ancora affinché i sacrifici di quei nostri padri non possa dirsi né finito né vano. Buona festa, amici ed amiche, e buon cammino.

[leggi qui il testo completo del saluto]

Il Cappellano delle FF.VV., mons. Tino Clementi, inizia la celebrazione della Santa Messa con le parole di San Francesco:

«Laudato si’, mio Signore»: chi poteva pensare a una giornata così splendida, sole, aria fresca e la neve vicina. Dentro questa cornice vorrei sentire accanto a me tutti quei sacerdoti che sono stati vicini alle Fiamme Verdi a coloro che hanno indirizzato i passi sulla via della liberazione, e sentire dentro Cristo Signore i Martiri di queste montagne e di tutti i luoghi in cui si è lottato per amore. Questa terra che ci ospita è sacra e noi siamo qui anche quest’anno e ringraziamo il Signore.

La Santa Messa è stata allietata dai canti eseguiti dai quattro cori camuni. Mons Tino Clementi nell’omelia ha detto, tra l’altro:

Dentro questo tempio senza mura e senza tetto, dal primo brano che abbiamo sentito ci giunge un invito. “Dite agli smarriti in cuore: Coraggio! Non temete!” È stata una parola che ha sostenuto tante Fiamme Verdi, tanti combattenti, tante persone che hanno avuto veramente paura. Siamo qui noi in un’ ora in cui la paura è di casa per quello che succede tra le nostre pareti domestiche, nelle nostre comunità… Chi oggi saprebbe contare quante armi micidiali ci sono nel mondo? Quante volte abbiamo alzato la voce: «Mai più la guerra!» E dove non c’è la guerra? La nostra paura la vinciamo con la parola del Signore: coraggio! Non temete! … Signore, ripeti su di me e su coloro che mi ascoltano la tua parola – effatà, ‘apriti’ – fa’ che il nostro orecchio si apra in profondità per ascoltare le voci che parlano di verità, di giustizia e di pace e fa’ che la nostra lingua, se parla possa parlare in perfetta sintonia con il Tuo Vangelo.

Dopo la Messa, il saluto del sindaco di Monno, Roberto Trotti:

È per me un piacere portare i saluti della comunità di Monno e miei personali ai partecipanti sempre numerosi di questa importante manifestazione. Un caloroso benvenuto alle numerose autorità religiose, civili, politiche e militari che come tutti gli anni ci onorano della loro presenza. Un grazie di cuore a Don Tino Clementi, che qui in alta valle è di casa e non solo in senso figurato, ma perché nella Valle è nato, per le sue parole sempre significative e importanti che ci riserva in questo importante appuntamento. Un ringraziamento particolare all’Associazione Fiamme Verdi che con pervicace ostinazione, positiva in questo senso, continua ad organizzare questa manifestazione in Mortirolo per ricordare eventi che sono alla base del nostro vivere democratico. Quest’anno celebriamo il 70º anniversario della fine della seconda guerra mondiale e quindi della lotta di liberazione. A volte ci si domanda come eventi di questo genere siano ancora attuali soprattutto per il tanto tempo che è passato da quello che siamo qui a ricordare. La risposta è assolutamente affermativa, in quanto sono forse più attuali oggi rispetto a ieri in quanto il tempo può offuscare i valori che hanno guidato la guerra di liberazione, degli avvenimenti importanti che sono alla base del nostro vivere democratico, sui quali è stata fondata la nostra costituzione quindi devono essere ricordati e di insegnati alle nuove generazioni. Siamo qui a ricordare giovani che messi di fronte ad un bivio di strade una in discesa, una in salita e una in pianura, hanno scelto quella in salita, la più impervia, è un esempio rivolto soprattutto ai giovani ma anche a noi. Una democrazia è veramente compiuta e vera quando i doveri vengono prima dei diritti. Se seguiremo questo esempio potremo veramente guardare al futuro con ottimismo e rinnovata fiducia. Grazie a tutti ed arrivederci all’anno prossimo.

La parola ora poi al prof. Rolando Anni, storico e ricercatore che lavora presso l’Archivio storico della Resistenza bresciana e dell’età contemporanea presso l’Università Cattolica Sacro Cuore di Brescia, per un intervento accorato che commuove molti dei presenti:

Care amiche e cari amici, oggi non siamo qui per caso, ma perché condividiamo alcune idee. Ma qual è il significato profondo di trovarci qui insieme, in questo luogo, la prima domenica di settembre? Certamente per fare memoria di vicende che avvennero 70 anni fa su queste montagne oggi così luminose e belle. Ma fare memoria, se ci pensiamo, non è sufficiente. La memoria del passato, lo diciamo con chiarezza, ha dei gravi limiti, se resta chiusa in se stessa, è una memoria che ci lega, in qualche modo ci imprigiona facendo diventare ogni incontro una cerimonia, destinata a terminare, a non tradursi in impegno per tutti gli altri giorni se non è una memoria che non sa guardare al futuro. La memoria che noi vogliamo coltivare è una memoria attiva e imperante. Noi siamo eredi di valori di idee e di sentimenti soprattutto da vivere, e non solo da proclamare.

Lo storico prosegue nella sua analisi con tre brevi riflessioni. La prima ha riguardato le vicende belliche svoltesi sulle montagne camune, che hanno visto dal febbraio all’aprile 1945 contrapposti 220 partigiani a oltre 2000 militi della legione ‘Tagliamento’ supportati dalle truppe tedesche. La seconda incentrata su una questione cruciale, che ci mette in crisi, perché riguarda direttamente l’uso della violenza. La guerra partigiana fu una guerra ed in quanto tale veramente intrisa di violenza. Anni, però, ricorda la posizione espressa da una donna che scriveva su Il ribelle, Laura Bianchini: una madre della Repubblica, una dei costituenti. In un articolo apparso sul numero del 25 luglio del 1944 scriveva: Riusciremo ancora distinguere la prepotenza del tiranno dalla rivendicazione dell’insorto? La violenza dell’aggressore dalla difesa dell’aggredito? Perché costoro usano le armi. Chi in un modo o nell’altro uccidono. Ma gli uni ripongono il loro diritto nella forza. Gli altri si servono della forza in difesa del diritto.

Nella terza riflessione Rolando Anni riferisce del libro scritto da Dario Morelli – La montagna non dorme – un libro importante che può essere definito ‘la Bibbia’ della Resistenza in Valle Camonica, che si occupa, per tre quarti delle oltre 480 pagine, della resistenza nell’area del Mortirolo. Ben quarantasei sono i documenti pubblicati nell’Appendice: due di questi riportano i nomi dei componenti delle formazioni “Fiamme Verdi” dislocate nell’Alta Val Camonica e i caduti delle Brigate Fiamme Verdi, Schivardi e Tosetti. Il libro, dato alle stampe nel 1968, è stato recentemente ristampato in occasione del settantesimo. Anni sottolinea lo scrupolo utilizzato dall’autore nella stesura di questo libro. Da ciò deriva una grande lezione di etica della metodologia storica: la verità è più un fine a cui tendere che un traguardo da raggiungere.

Concludendo, Anni ricorda Bortolo Fioletti, “Poldo”, morto a 19 anni il 1° maggio del 1945 in uno scontro con i nazifascisti nelle vicinanze del cimitero di Monno: fu l’ultimo caduto del Mortirolo e di tutta la resistenza bresciana. Qualche giorno prima, nella sua ultima lettera alla madre, scriveva:

Cara mamma, non piangere per me. Perdonami e pensa se io fossi tra coloro che martirizzano la nostra gente … Io sono qui per nessun altro scopo che la fede, la giustizia e la libertà e combatterò sempre per raggiungere il mio ideale. Presto verremo giù, e vedrai che uomini giusti saremo. Allora si vivrà con la soddisfazione di vivere e non con l’egoismo di oggi.

In chiusura del suo intervento, suscitando grande emozione tra i presenti, Anni ha elencato il nome e l’età di tutti i caduti in Mortirolo o in collegamento con i partigiani che hanno combattuto in Mortirolo:

A loro e a tutti quelli che si impegnarono nella resistenza in quei venti mesi, tutti noi dobbiamo molto. Giuseppe Algeri, 31 anni; Luigi Calvi, 19 anni; Gregorio Canti, 24 anni; Alessandro Danesi, 20 anni; Charles Douard, 20 anni; Bortolo Fioletti, 19 anni; Mario Gazzoli, 20 anni; Ersilio Manciana, 23 anni; Giovanni Marconi, 22 anni; Vittorio Negri, 30 anni; Giovanni Scilini, 29 anni; Luigi Tosetti, 45 anni; Giovanni Venturini, 29 anni.

[leggi qui il testo completo del discorso]

In conclusione, prende la parola Ezio Gulberti, delegato del Coordinamento provinciale per l’Alta Valle:

Il Mortirolo è un luogo molto caro a noi delle Fiamme Verdi nel ricordo dei patrioti che qui combatterono, a me ma credo anche a voi; non trasmette solo emozioni, ma valori da difendere nel tempo e condivisi, che sono indispensabili per vivere quotidianamente in un paese democratico, moderno e civile nato grazie a chi qui ha combattuto per tutti noi. Ricordare le battaglie del Mortirolo e i caduti delle Fiamme Verdi porta alla mente e a ricordare tutti i combattenti per la libertà, sia in armi che non, l’esercito italiano di liberazione, la marina militare… come dimenticare le quattro giornate di Napoli, e come può svanire il ricordo di Cefalonia, delle fosse Ardeatine, di Sant’Anna di Stazzema, della Shoah, dell’epopea degli Internati… Spesso ci si sente dire: “Ormai è passato tanto tempo, non ha più senso parlarne, e poi… Erano tutti uguali!” No. Noi delle Fiamme Verdi non ci stiamo!

Gulberti cita anche una pagina di François Mauriac, pubblicata sul giornale Valle Camonica Libera il 23 settembre 1945, di schiacciante attualità: Vorremmo credere che gli uomini siano ridiventati liberi dappertutto; o almeno che la libertà resti – quale l’aspettano, quale la sperano – la felicità verso cui sono in cammino, un po’ meno di una realtà certamente, ma insomma molto di più di un mito. Vorremmo credere che le piccole nazioni respirino liberamente e che nessun’ombra soffocante si estenda su di esse. Dobbiamo avere il coraggio di confessarlo: un popolo libero non è di per sé un popolo libero; gli occorre molto tempo per ritrovare il costume della libertà. Infatti chi lo ha mai ritrovato in Europa o nel mondo? Non speriamo di restare liberi in mezzo ad altri popoli asserviti o dominati: o ci sarà libertà per tutti i popoli, o non ce ne sarà per nessuno.

 

E sulle note di Bella ciao, con l’emozione e la riconoscenza nel cuore, le Fiamme Verdi si sono date l’appuntamento per l’anno prossimo. Sempre in Mortirolo, pietra viva della Resistenza.

 (Luigi Mastaglia, in collaborazione con la segreteria)