Nativo di Milano, nel quartiere di Porta Genova, Ermes Gatti prima della Seconda guerra mondiale lavorò in un’azienda tessile. Fu soldato in Albania e in Sicilia, ove contrasse la malaria, per curare la quale fu ricoverato all’ospedale militare di Arpino.
L’8 settembre del 1943 lo colse lì, deperito nel fisico ma assai determinato. Si firmò una licenza di convalescenza, raggiunse Roma ed alla stazione Termini, controllata dai tedeschi e piena di soldati italiani prigionieri, costretti a salire su un treno per la Germania, riuscì a salire su un vagone diretto a Milano. Nascosto sotto un sedile, raggiunse il capoluogo lombardo devastato dai bombardamenti e ritrovò la famiglia. Subito maturò la decisione: non avrebbe risposto alla chiamata per l’esercito della Repubblica Sociale.
Cominciarono i primi contatti con i movimenti della Resistenza e, insieme ad un cugino Ledy, Gatti si unì ad un gruppo di bersaglieri sui monti di Gallarate, scioltosi dopo un’offensiva tedesca. I due ripararono sul lago Maggiore e poi in Svizzera, con l’aiuto dei contrabbandieri.
Quindi l’avventuroso ritorno in Italia, attraverso la Valtellina, e l’approdo sul territorio bresciano, nel luglio del 1944. Fu in Valcamonica, sul Mortirolo, che Gatti partecipò alla sua prima azione partigiana nel gruppo delle Fiamme Verdi. Da lì scese a valle per raggiungere la caserma della Guardia di Finanza di Grassotto, dove, insieme al cugino Ledi e ad altri cinque, prelevò armi e scorte alimentari. Seguirono altre azioni simili, consistenti nel disarmare i nemici e nel realizzare attentati a centrali e linee elettriche.
In seguito, dal 10 al 29 aprile del 1945, partecipò alla durissima battaglia del Mortirolo, 220 Fiamme Verdi contro duemila fascisti supportati dai mortai tedeschi. Dopo un ultimo scontro a fuoco con i tedeschi, Gatti con la sua Brigata Schivardi raggiunse Edolo, dove stabilì il comando. Ai piedi aveva gli scarponi regalatigli mesi prima da una bella ragazza incontrata per strada. L’avrebbe rincontrata dopo pochi giorni e Gina Perlotti, coraggiosa partigiana, sarebbe diventata sua moglie nel novembre di quello stesso anno.
Dopo la guerra Ermes Gatti cominciò il suo impegno nella vita pubblica, tra incarichi amministrativi e testimonianza civile. Insieme al generale Romolo Ragnoli, a don Carlo Comensoli e a Dario Morelli fondò l’Associazione “Fiamme Verdi”, di cui fu presidente provinciale per oltre un ventennio. Con infaticabile energia, da protagonista divenne testimone e divulgatore della memoria resistenziale nel nome delle “Fiamme Verdi” e della Federazione Italiana Volontari della Libertà (F.I.V.L.), di cui fu Presidente Nazionale dal giugno 2008 fino alla morte, sopraggiunta all’età di 86 anni, il 28 dicembre 2008.