Salva Gelfi nacque a Cividate Camuno (Brescia) l’8 luglio 1925, paese nel quale morì il 24 giugno 2001. Rimasta orfana di padre, a undici anni entrò in fabbrica al cotonificio Olcese di Cogno, dove lavorerà come operaia anche quando la Seconda guerra mondiale sarà finita. Dopo l’8 settembre 1943, in accordo con don Carlo Comensoli, parroco di Cividate, Salva accompagnò a Bienno, nella casa di Luigi Ercoli, decine di ex prigionieri e soldati sbandati che cercavano la via della salvezza in Svizzera o la via dell’impegno nelle brigate partigiane.
Dall’ottobre del 1943 la giovane operaia divenne la staffetta del Comando delle Fiamme Verdi della divisione “Tito Speri”; in particolare, era la donna “di fiducia” di uno degli animatori del movimento resistenziale camuno, don Comensoli, che la inviava spesso a tenere i collegamenti fra i centri della Resistenza dislocati lungo la Valcamonica fino a raggiungere, talvolta, la Franciacorta o, nella direzione opposta, i paesi dell’alta valle, oltre Edolo.
Nel marzo del 1945 la staffetta fu costretta ad allontanarsi dalla valle per sottrarsi alla caccia che le davano i nazifascisti; trascorrerà le ultime settimane di guerra a Milano, nella casa di un’amica.
Dopo la Liberazione e sino alla scomparsa per una grave malattia, Salva Gelfi ha continuato il suo impegno in attività sociali, con l’atteggiamento semplice e schietto che l’avevano contraddistinta durante la partecipazione alla guerra di Liberazione.