Con solennità immutata ma con spirito di partecipazione mai ripetitivo, domenica 13 ottobre si è celebrata l’annuale giornata commemorativa per i caduti della Brigata “Perlasca” delle Fiamme Verdi.
Salutata da un sole un po’ indeciso ma discretamente presente, che ha aiutato l’organizzazione impeccabile della Comunità Montana, del comune di Pertica Alta e delle Fiamme Verdi valsabbine, la giornata è stata scandita da una prima tappa, come sempre, a Livemmo al monumento ai caduti di tutte le guerre. Poi la messa a sant’Andrea di Barbaine, seguita dalla vera e propria cerimonia celebrativa della memoria presso il monumento ai Caduti della Resistenza valsabbina.
Con il sottofondo musicale della banda di Barghe, – molti giovani tra le sue fila – , hanno preso la parola di seguito il sindaco e Presidente della Comunità montana Giovanmaria Flocchini, il presidente della FIVL Roberto Tagliani, che ha guidato le diverse fasi della cerimonia, Giada a nome degli studenti dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Perlasca” di Idro, supportata da una folta delegazione di compagni di classe, tra i quali il portabandiera della scuola, e dall’insegnante prof.ssa Greta Cozma; infine il professor Mattia Petrogalli, oratore ufficiale.
A fare da corona tanti i presenti, saliti a Barbaine in forma privata o ufficialmente, sindaci in rappresentanza dei Comuni valsabbini, numerose delegazioni delle associazioni partigiane, dei combattenti, degli internati. Tra gli altri, anche il deputato Gianni Girelli.
Discorso integrale a nome degli studenti dell’istituto Perlasca
“BUONGIORNO A TUTTI!
Sono Giada e sono una studentessa dell’Istituto di Istruzione Superiore di Valle Sabbia “Giacomo Perlasca”, e tutti noi che ne facciamo parte, dalla dirigente a tutto il personale fino agli alunni, siamo orgogliosi di tenere vivo il nome del capo della Brigata Perlasca delle Fiamme Verdi bresciane.
Per molti di noi, è proprio la scuola la fonte di conoscenza dei fatti accaduti in Valle Sabbia.
L’8 settembre del 1943 segna la fine di una dittatura che aveva umiliato e corrotto.
Ed a Roma, il 9 settembre, viene fondato il Comitato di liberazione nazionale, con lo scopo di dar vita e gestire clandestinamente la lotta armata di liberazione dal nazifascismo.
La Resistenza fu una mobilitazione anche di tanti giovani, pronti al sacrificio nella lotta contro l’ingiustizia.
Resistenza: si resiste a qualcosa che ci colpisce, cercando di distruggerci. La Resistenza è silenziosa, ma ferma.
Per i giovani oggi, che guardano la storia nel passato e nel presente, sorge spesso un sentimento di costernazione, di stupore, di impotenza, di smarrimento.
Nella società dell’informazione, la nostra dagli anni Cinquanta, in cui l’informazione rappresenta un bene, in cui la conoscenza ha un importante peso economico, paradossalmente noi tutti fatichiamo ad orientarci, a capire, a conoscere.
Ed ecco questa giornata, questa esperienza QUI OGGI INSIEME, mi rivela una possibilità… di guardare in modo nuovo le cose, e anche lo studio, la scuola.
Un modo in cui la tradizione assume un peso, perché possiamo costruire la condivisione, e questo apre all’azione e alla speranza, quella di provare a cambiare, provare a crescere, provare a sviluppare la capacità di stare bene con gli altri per non dimenticare.
Voglio ora ricordare il pensiero di TERESIO OLIVELLI, il “ribelle per amore”, riportato nei primi numeri del foglio clandestino “Il Ribelle” che, da Brescia, giungeva in tutto il Nord, in cui ci sono in embrione i principi poi scritti nella Costituzione italiana, enunciati quasi pari pari.
Egli scrive:
Che cosa vogliamo:
- Libertà: di pensare, di esprimersi, di organizzarsi, di partecipare alla formazione della volontà della comunità.
- Uguaglianza: non astratta, ma concreta (…).
- Il lavoro, in tutte le sue forme, esprimerà nella società il valore della persona e l’adempimento del suo principale dovere politico.
Che cosa ripudiamo:
- Le dittature, lo statalismo mortificatore.
- La guerra come mezzo di affermazione dei propri diritti, così fra le nazioni come fra le classi.
- Il privilegio della nascita e dell’oro, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Riflettendo, dobbiamo riconoscere non solo il dolore della perdita, ma anche il potere dell’eredità che ci hanno lasciato: un invito a vigilare sulla libertà, a impegnarci per la pace e a ricordare che la vera libertà è costruita su valori di rispetto e solidarietà.
La loro memoria ci spinge a continuare a lottare per un mondo consapevole, dove le ingiustizie non trovino spazio.
Grazie a tutti.“
Discorso integrale di Mattia Petrogalli
“Ciò che ci porta ad essere qui in gran numero questa mattina è il ricordo di una pagina molto dolorosa della storia del nostro territorio. Una storia che abbiamo in comune, in verità, con quasi tutta l’Europa e non troppo diversa dalle tragedie che altri popoli hanno vissuto nel passato o vivono tutt’ora. È una constatazione amara, ma da quando esiste l’uomo la guerra è una dolorosa compagna che ancora oggi ci divide, e contraddice ogni nostra speranza di costruire un futuro più giusto per tutti. Oggi, però, non siamo qui per il dolore. Certo, stiamo commemorando persone uccise per le loro idee e la loro disobbedienza. Assassinate da un regime totalitario che per vent’anni ha stretto il nostro Paese nella sua morsa. Un regime fondato sul potere del più forte come unica legge. Una società dove più sei in alto nella gerarchia, più puoi permetterti di fare ciò che vuoi, al di là di qualunque regola o limite. Sarebbe sbagliato, ovviamente, ridurre il fascismo solo a questo. Tuttavia, nella sua terribile tragicità, è stato anche la legittimazione politica di banali sentimenti di egoismo e questo, forse, ci può aiutare ad avere più chiaro cosa volesse dire vivere sotto un ordinamento statale dove nessuno poteva dirsi al sicuro dai soprusi e dalle violenze del più forte. Infatti, se questo ci sembra familiare o ci fa venire in mente situazioni vissute in prima persona è normale: è ciò che sperimentiamo in noi e attorno a noi ogni volta che il vantaggio e il tornaconto personali vengono messi davanti al bene comune, senza distinguo, senza limiti e senza remore. Ma si può scegliere una via diversa e qualcuno, questa via, l’ha scelta. I giovani che commemoriamo oggi ci mostrano proprio questa via e ci ricordano che cercare la propria libertà passa inevitabilmente dal lottare per la libertà di tutti. Questo è ciò che celebriamo oggi: la forza, la tenacia e la voglia di creare un mondo migliore, più giusto, anche quando attorno a noi tutto sembra andare nella direzione opposta. In questi anni parlare della Resistenza sembra essere diventato divisivo. Per ampi settori del nostro Paese non è così scontato quale fosse la parte giusta durante la Guerra Civile del 43-45. Da dove viene questa difficoltà a fare pace con la propria storia e a prendere le distanze dai crimini compiuti da una dittatura? Gli storici hanno ipotizzato sia dovuta ad una confusione tra la storia stessa e la memoria, tra il piano collettivo e quello intimo e personale. Ci sono molte responsabilità dietro questa confusione. Innanzi tutto, la politica, che non è stata in grado, nel dopoguerra, di scrollarsi di dosso del tutto l’esperienza del Ventennio. Ma una parte di responsabilità l’ha avuta sia chi non è stato in grado di trovare il coraggio di andare oltre le proprie memorie e i propri racconti familiari sia noi, che, spesso, abbiamo commesso l’errore di non tenere conto che la storia può stritolare vite e destino, mettendo tutto in contraddizione. Insomma, abbiamo forse giudicato con troppa disinvoltura le azioni e le decisioni dei nostri padri e dei nostri nonni, senza considerare che la scelta, per chi ha vissuto quei fatti, non è stata facile come può esserlo per noi oggi. Come possiamo uscire da questa confusione? Come possiamo trovare, finalmente, pacificazione e giustizia? Quello che dovremmo fare è sottrarci allo scontro tra “favorevoli” e i “contrari”, una discussione spesso violenta che, come sappiamo bene, non ha mai fatto cambiare idea a nessuno. Anzi, anche questa irriducibilità delle posizioni ha contribuito al rigurgito revisionista che oggi sembra voler fare piazza pulita dei valori della nostra Repubblica e della tradizione democratica. Dobbiamo tornare a noi, ad oggi, al presente: riscoprire il senso di celebrare giornate come questa. E questo senso non è dato dall’eroismo, dal sangue, dal dipingere questi ragazzi come eroi inscalfibili: è dato dalla loro dedizione alla causa della libertà di tutti. E dobbiamo anche chiederci come noi, nel presente, possiamo continuare questa ricerca. Questo è un bel punto di partenza. Anche tra noi, qui, oggi, ci sono mille cose che potrebbero farci litigare, anche aspramente, in maniera forse irrimediabile: L’Ucraina, Israele e Gaza, la NATO, e tanto altro. Ecco, oggi resistere è anche questo: lo sforzo quotidiano di un dibattito e, perché no, a volte di uno scontro, informato, rispettoso e che non abbia come scopo l’annientamento dell’avversario e dell’opinione altrui. Non è questione di rinunciare alle proprie idee: il fatto è che l’educazione, il dialogo e la preparazione sono gli unici strumenti che abbiamo a disposizione per non perdere questa libertà e questa giustizia che ragazzi come coloro che ricordiamo oggi hanno saputo costruire con il sacrificio. Ci sono state date in dono e abbiamo il dovere civile, morale e politico di custodirle. Grazie.”