Giacomo Vender nacque a Lovere (Bergamo) il 9 aprile 1909. Sacerdote dal carattere forte e dalla mente aperta, fu mandato come curato nella parrocchia di San Faustino a Brescia. Nel maggio del 1940 si arruolò come cappellano militare nel 73º Reggimento Fanteria. Seguì il reggimento prima a Trieste e successivamente in Jugoslavia, Piemonte e Francia; dopo l’8 settembre rientrò a Brescia e si impegnò ad aiutare i militari sbandati, gli ebrei e i perseguitati politici, ma soprattutto assunse l’assistenza religiosa dei nuclei partigiani del monte Guglielmo.
Da cappellano entrò a far parte del CLN coordinando le bande e assicurando i rifornimenti. Collaborò fin dalla sua nascita al giornale «Il Ribelle» di Teresio Olivelli. Nella primavera del 1944 partecipò con Padre Luigi Rinaldini e don Giuseppe Almici a definire il «Manifesto della resistenza cattolica», nato dall’esigenza concreta e molto sentita dei partigiani cattolici: quella di avere un’assistenza religiosa. Il documento, pensato per sottoporre al vescovo la necessità di nominare informalmente dei cappellani partigiani, si tradusse presto in una riflessione più generale sulla legittimità – e anzi sul dovere – per i cattolici di partecipare con le armi alla lotta antifascista, per difendere i diritti fondamentali dell’uomo: libertà, dignità, giustizia, democrazia mantenendo la lotta, quanto più possibile, sul piano dell’ordine, della disciplina, della moralità e dell’umanità. Nello scritto si ritrovano, espresse in modo coerente e logico, le ragioni “cristiane” che indussero molti cattolici, in maniera forse più istintiva e meno ragionata, ma non meno sentita interiormente a prendere la strada della montagna fin dal settembre 1943, aderendo principalmente alle FF.VV.
Il 6 gennaio 1944 don Vender venne arrestato dalle SS insieme ad Andrea Trebeschi e a Mario Bendiscioli. Passò attraverso diverse carceri, ma fu liberato il 1° febbraio 1944; una volta fuori organizzò le Massimille, un gruppo di donne con il compito di assistere i detenuti partigiani.
Arrestato nuovamente il 19 ottobre 1944 e deferito al Tribunale speciale con l’accusa di associazione antinazionale e disfattismo politico, venne condannato a 24 anni di carcere, ridotti a 20 per i suoi trascorsi militari; la condanna gli fu inflitta il 21 aprile 1945, 4 giorni prima della liberazione. Dopo la guerra sarà impegnato nel servizio agli ultimi – in particolare agli ex partigiani e agli “sfrattati” del quartiere Oltremella. Muorì a Ceratello di Costa Volpino il 28 giugno 1974.
È stato insignito della medaglia di bronzo al valor militare alla memoria.